Cuba, è una vita che ti aspetto
Notte buia senza luna.
Lampi muti che attendono un tuono che non risponde.
La randa che raglia per le briglie.
Il temporale che bagna il mare.
I grilli del boma che friniscono.
E poi all’improvviso il cielo scuro cade in frantumi liberando milioni di stelle imprigionate per secoli. Stelle antiche che si rincorrono e all’uno due tre stella mi giro e le scopro abbracciate in costellazioni che non c’erano nel mio cielo. Stelle così vicine che per la prima volta le vedo riflettersi nel mare.
Raccolgo da terra le briciole degli ultimi mesi.
E mi accorgo che non mi bastano uno zaino e una barca per portare tutto ciò che ho trovato, così ogni tanto ne spedisco una parte a casa con una cartolina.
Adesso il mare è così calmo e senza onde che la barca scivola dolcemente sfiorando appena i 3 nodi. Esco dal pozzetto per il solito controllo e intorno l’orizzonte sembra così vicino che sento che Cuba dev’essere da qualche parte, proprio qui dietro.
Cuba. che sapore strano ha questa parola. è come prendere una spruzzata di colori, sorrisi qb, viva la vida, bubble un due tre quattro, shakerare a ritmo di rumba, rifinire con ghiaccio e granatina e servire in un bicchiere old-fashioned.
Sembra quasi di sentire un profumo di rhum misto a sigaro e Chan Chan che si confonde con l’umidità della notte.
Dopo una settimana in cui il mare ci ha punito per essere partiti di venerdì (che i marinai sono pure superstiziosi), questa è la prima notte di calma e fresco. Cuba accoglie gli ultimi ritardatari che si avventurano nelle sue acque.
Sono ormai sotto Santiago De Cuba, mancano 400 miglia per Cienfuegos, la marina dove consegnerò il mio visto d’entrata ottenuto a Milano tra l’ilarità generale dei tipi allo sportello. io non ridevo con loro: sorridevo.
Penso che avrei potuto prendere un aereo e poi tornare in ufficio dopo due settimane davanti a emozionanti newsletter html e invece ci ho messo 6 mesi e sto per raggiungere terra in barca a vela. E mi accorgo che da quando ho imparato a svegliarmi col sorriso, la vita non chiede altro che tempo per essere vissuta.
Siamo arrivati? siamo arrivati? Conto le miglia che mancano saltellando con gli occhioni luccicanti pieni di aspettativa.
Intanto concentro tutto il mio talento nell’esercitarmi a fischiare con due dita, pratica fondamentale che ho imparato oggi e che desideravo da 25 anni.
Mi resta in bocca il sapore della torta al cioccolato fatta da Daniele, cuoco emigrante col quale condivido un pezzo di cammino e tanti racconti che ci tengono svegli la notte.
Guardo i pezzi di carta che ho buttato nell’acqua, dopo averli ricopiati sulla moleskine. Saranno custoditi dentro di lei così come soltanto ora lo sono dentro di me. Strano vederli allontanarsi senza nostalgia, ma avendo quelle esperienze scritte sulla pelle.
Nell’inquietudine delle onde ho trovato la mia pace, nella lentezza del cammino il ritmo dei miei pensieri.
Da quando ho capito questo, il vento si è alzato e Tamala corre di nuovo. Ho raggiunto quello che aspettavo, ora sono pronta ad arrivare a Cuba, con il presentimento di non rimettere la stessa Brì su questa barca.
E forse arriverò a scoprire quel “perché Cuba?” che da tempo mi accompagna.
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