La mariposa de la buena vibra
Ci sono storie che vengono da lontano. Così lontano che chi le porta arriva come il vento del Nord e, quando il vento si calma, se n’è andato e non sai più se era vero o solo un sogno.
Quando riapri le dita, non lo trovi più e ti resta soltanto una farfalla di carta.
Questa storia arriva dal Messico, dagli antichi Aztechi maestri di arti e vita.
Ce l’avevano nella valigia due ragazze e me l’hanno lasciata qui perché ormai stava per schiudersi.
E così è stato: mentre ci scambiavamo battiti d’anima e lasciavamo scivolare crema di limoncello per scaldare il cuore, la crisalide è caduta per terra, morta vuota, consegnando al mondo la sua farfalla bianca. In Messico la farfalla è il simbolo dell’anima che esce dal corpo.
In lingua Atzeca la chiamano “tonalli papalotl” e dicono che rappresenti la dea Itzpapalot, spirito notturno delle stelle splendenti.
Ognuna di queste farfalle di carta nasce con un messaggio da consegnare, prima di volare via e morire.
Ogni mariposa de la buena vibra trasporta col suo battito d’ali l’essenza della persona che la sceglierà.
Scansando quelle di colore rosa, scelgo la mia. La farfalla viene a posarsi sulle mie mani, rispettose per questo essere leggero e coraggioso che ha attraversato l’Oceano Atlantico.
Mi sussurra: “eres un ser de luz”, sei un essere di luce.
Alla mia amica messicana si illumina il viso mentre a me il cuore, grato per aver avuto in dono la sua amicizia nobile e altre farfalle di carta da far scegliere alle anime belle che incontrerò lungo la mia strada.
Compiuta la sua missione, la mia messaggera riparte per il suo ultimo volo, lasciandomi sulle labbra la voglia del suo sorriso di carta.
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