La strana Festa dei morti di Guadalupa
In occasione del 2 novembre, voglio raccontavi lo strano modo in cui celebrano la Festa dei morti in Guadalupa.
In questo periodo, tra gli europei in vacanza si iniziano a sussurrare strane leggende riguardo le usanze nella tradizione antillese. Voci di corridoio giurano di aver visto gente mangiare sdraiata sulle tombe del cimitero. Ma nessuno è mai tornato per raccontarlo.
Paperinik, il mondo ha bisogno di te!
Decido dunque di avventurarmi verso l’ignoto per regalare ai miei occhi la vista di questa barbarie che si consuma dissacrando un luogo di culto.
Mi trovo nella parte nord-ovest di Guadalupa, nella metà di Basse-Terre. Cammina cammina, arrivo al paesino di Sainte-Rose e mi avventuro nella sua esplorazione.
Sebbene sia Morne-à-l’Eau la più frequentata per l’occasione, preferisco l’autenticità di un innocente paesino di pochi abitanti fuori dalle rotte turistiche dei visi pallidi.
È tardo pomeriggio quando arrivo davanti al cimitero e la vista di migliaia di candele accese che riempiono di colori il cielo già caldo del tramonto mi riempie di gioia. Temo di aver estratto il sentimento sbagliato.
Mi rivolgo alla prima donna che incontro entrando, effettivamente seduta su una tomba e nemmeno lontanamente addolorata.
Le chiedo come mai le persone sembrino essere tanto allegre in un giorno così delicato.
Mi analizza da sopra gli occhialini (indecisa se rispondermi o meno) e con ovvietà disarmante mi spiega: “è la FESTA dei morti. Quindi noi li festeggiamo“.
Ma come ho fatto a non pensarci prima!
Intanto una signora impegnata a scavalcare le tombe mi domanda se ho interpellato le autorità per avere il permesso di scattare le foto. Abbasso la testa, mortificata per averla infastidita con la mia invadenza irrispettosa. Ride e dice che si riferiva ai morti e mi presenta suo padre, il loculo alla mia destra.
Altre tre donne, sdraiate su un’altra tomba, aggiornano minuziosamente il parente defunto sugli ultimi gossip. Mi raccontano che è un ritrovo di famiglia (chi aldiqua e chi aldilà) durante il quale si mangia per stare insieme e poi si resta fino a sera a chiacchierare distesi sulle tombe.
Pensavo fossero barbari e invece sono solo riusciti ad accettare la fine delle cose meglio di noi, quasi con un’alzata di spalle. Una canzone di Vecchioni dice: “Non si è soli quando un altro ti ha lasciato, si è soli se qualcuno non è mai venuto”.
Qui sulle ali di Guadalupa l’hanno capito: invece di soffrire per la morte della persona amata, si gioisce evocandone la vita.
Mi soffermo a guardare queste tombe sontuose e variopinte che mi danno un senso di buonumore che quasi mi mette a disagio, così in contrasto con il sentimento previsto dal galateo della mia educazione.
La maggior parte delle tombe è ricoperta da piastrelle quadrate bianche e nere, come fossero degli scacchi.
E penso alla vita come a una partita. E mi viene in mente una frase: “Non prendere la vita troppo sul serio, tanto non ne uscirai vivo“.
E penso alla morte come allo scacco matto della vita.
E allora subentra anche un libro di Vecchioni: “Scacco a Dio“, che riflette sull’esistenza del libero arbitrio degli uomini. Perché lo scacco matto dell’uomo sta nel prendersi la libertà di inventarsi la propria vita.
Fuori ci sono i camioncini come per una vera festa di paese, che preparano panini e patatine fritte.
Mi sembra un ottimo posto per passare la serata a fare le vasche.
Anche perché qui, a parte il cimitero, tutto il resto è morto.